Possibile meccanismo molecolare di depressione e negativismo da cocaina

 

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 07 febbraio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Forse per troppo tempo e con troppa indulgenza si è guardato alla cocaina come ad uno stimolante accomunato all’amfetamina per meccanismo d’azione, quasi giustificandone l’uso da parte di alcune categorie professionali, e inconsapevolmente contribuendo ad una diffusione realmente impressionante nel mondo della moda, dello spettacolo, dei media e della politica, superando di gran lunga il tasso di consumo nell’ambito dello sport e dell’arte.

La si assume per accrescere la perfomance, per non aver sonno, per non provare ansia e sentirsi forti, sicuri di sé, per apparire disinvolti, per aumentare il tono muscolare dimagrendo, con una riduzione dell’appetito alimentare ed un incremento dell’appetito sessuale. Si è diffusa la convinzione erronea che qualche scoppio d’ira, l’alternarsi di indifferenza affettiva e gelosia morbosa, o l’attribuzione indebita ad altri di sentimenti ostili nei propri confronti, sia un piccolo e temporaneo dazio da pagare per un’energia e una forza che possono cambiare in meglio la vita. Si citano le aggressioni con lesioni personali che hanno portato Naomi Campbell ad una breve pena detentiva, o i soprusi compiuti e i litigi provocati dal “carrarmato” Kate Moss dopo la consueta assunzione di tre grammi di cocaina e una bottiglia di vodka, come un piccolo effetto collaterale comportamentale non costante, che si può ben accettare in cambio dei presunti “superpoteri” conferiti dalla sostanza. In realtà, i danni cerebrali per l’assunzione cronica di cocaina sono molteplici e, in buona parte, permanenti. È vero che la suscettibilità genetica ed epigenetica all’uso compulsivo varia da persona a persona, consentendo ad alcuni di esercitare con successo la propria volontà al fine di smettere, come nel caso di Diego Armando Maradona, e ad altri di rimanere schiavi incapaci di resistere, come nel caso di Robin Williams e Franco Califano, ma è pur vero che l’uso protratto lascia sempre una traccia. È stato infatti documentato che causa modificazioni di assetti ed adattamenti molecolari, cellulari e sistemici[1].

Un mito da sfatare è che il successo di molti personaggi famosi sia dovuto alla cocaina e che la sospensione, sempre possibile, privi dell’high, ma lasci una personalità più forte e un sistema neuromuscolare più efficiente, come se fosse una cura ricostituente dello spirito e del corpo. Non è eccessivo affermare che i tossicodipendenti famosi, la cui lunga lista si trova facilmente in rete con l’aiuto di Google, abbiano raggiunto il successo nonostante la cocaina. La sospensione, mai facile nell’uso protratto, è una delle cause maggiori di dipendenza da più sostanze, e la depressione, lungi dall’essere una reazione limitata ai periodi di astinenza, è una manifestazione costante di un indebolimento psichico complessivo, conseguente all’azione della cocaina sul sistema nervoso centrale.

Manuel Mameli, Frank J. Meye e numerosi colleghi hanno individuato uno dei possibili meccanismi molecolari del fenotipo depressivo indotto dalla cocaina.

Lo studio ha rilevato che la cocaina rinforza la trasmissione glutammatergica, riduce la funzione dei canali del potassio e conduce all’ipereccitabilità dei neuroni dell’abenula laterale che proiettano al nucleo rostromediale del tegmento. Più specificamente, le evidenze sperimentali indicano che il traffico dei recettori per il glutammato GluA1 media queste modificazioni cellulari, facendosi responsabile del fenotipo depressivo indotto dalla cocaina (Meye F. J., et al. Cocaine-evoked negative symptoms require AMPA receptor trafficking in the lateral abenula. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3923, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Institut du Fer à Moulin, Paris (Francia); Inserm, UMR-S 839, Université Pierre et Marie Curie, Paris (Francia); CNRS, Interdisciplinary Institute for Neuroscience, UMR 5297, Bordeaux; Université de Bordeaux, Bordeaux (Francia); Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Università degli Studi di Milano, Milano (Italia); Solomon H. Snyder Department of Neuroscience, The Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA).

La cocaina, attualmente classificata fra gli stimolanti psicomotori[2] inizialmente agenti sui trasportatori di dopamina, serotonina e noradrenalina, è un alcaloide estratto dalle foglie di coca, chimicamente denominato benzoilmetilecgonina (C17H21NO4). Dosi da basse a moderate determinano aumento di attività, loquacità, sentimenti di euforia, sensazione soggettiva di benessere, diminuita affaticabilità e riduzione dell’assunzione di cibo. A dosi un po’ più elevate compaiono attività motorie ripetitive, spesso in forma stereotipata, movimenti talora a scatti con tono e propulsione eccessiva, iperespressività, tendenza all’associazione di idee superficiale e soggettiva, idee di riferimento o persecutorie, ecc. Una dose ancora maggiore determina ipertermia, convulsioni, coma e morte.

Sono note da molto tempo le sue principali proprietà farmacologiche di stimolante del sistema nervoso centrale a sede prevalentemente corticale, e di anestetico locale agente su cute e mucose. È stata di recente definita un’azione sul nucleo accumbens legata agli effetti tossicomanigeni della sostanza, consistente nell’incremento dell’arborizzazione dendritica e della densità delle spine dendritiche, ed è stato accertato che la variabilità individuale nello sviluppo di comportamenti altamente motivati e perseverativi verso la cocaina è associata con la plasticità sinaptica nei neuroni spinosi medi (MSN) esprimenti recettori dopaminergici D2 nel nucleo accumbens del topo[3].

Le sostanze psicotrope d’abuso mediano stati funzionali, definiti positivi e negativi in termini fisiologici, ugualmente responsabili dell’innesco dei processi alla base dell’uso compulsivo e persistente. La sostanza, che in questo caso è la cocaina, è ricercata mediante l’innesco di un atteggiamento mentale (drug seeking behavior) e di un conseguente comportamento che rivela una ridefinizione del sistema di priorità che guida il complesso degli automatismi psicologici. Nei roditori questo si traduce immediatamente nel comportamento che induce a sopportare scariche elettriche e a trascurare la soddisfazione degli istinti naturali pur di trovare e assumere la sostanza. Nella nostra specie, passa spesso per una serie di razionalizzazioni che coprono ma non nascondono un mutamento di fatto, anche se spesso negato, della personale scala di valori morali ed umani. L’assunzione della droga precede o esclude doveri o azioni quali compiti lavorativi, assistenza materiale ai figli o ad altre persone care, e via di seguito.

In realtà, la principale spinta ad ottenere ed assumere sostanze psicotrope nella condizione di dipendenza (addiction) è data da una speciale forma di apprendimento condizionato, che implica l’intervento dei sistemi dopaminergici dell’area tegmentale ventrale e dei recettori degli oppioidi. Tale processo è stato particolarmente indagato in rapporto agli effetti positivi, in special modo per gli eccitanti psicomotori come la cocaina. Gli effetti negativi, che si esprimono nei roditori con un insieme di segni equivalenti alle manifestazioni psicopatologiche umane di negativismo e depressione, sono stati finora poco studiati e, di fatto, non si conosce quasi nulla delle loro basi neurobiologiche.

Frank J. Meye e colleghi hanno individuato uno specifico oggetto di indagine nel comportamento delle cellule nervose eccitatorie glutammatergiche dell’abenula laterale (LHb, da lateral habenula) che inviano i loro assoni su neuroni post-sinaptici del nucleo tegmentale rostromediale. La cocaina si è mostrata in grado di accrescere notevolmente il rilascio sinaptico di glutammato, riducendo le correnti dello ione K+ ad aumentando l’eccitabilità.

Un altro aspetto significativamente decisivo è stata la dimostrazione da parte degli autori dello studio che il traffico dei recettori GluA1 nei neuroni della LHb era strumentale e necessario a queste modificazioni indotte dalla cocaina e, come è stato provato dagli esperimenti comportamentali, nei comportamenti avversivi indotti dalla droga.

Presi nell’insieme, i risultati di questo studio indicano l’esistenza di adattamenti di lunga durata nei sistemi neuronici della LHb, che modellano un assetto responsabile della costellazione di sintomi corrispondente ad un fenotipo depressivo animale.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la rilettura del testo e invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-07 febbraio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si vedano nella sezione “NOTE E NOTIZIE” le numerose recensioni di studi sperimentali su questo argomento.

[2] Psychomotor stimulants comunemente definite reinforcing drugs.

[3] Da Roland Bock e coll., v.: Note e Notizie 13-04-13 Difesa dalla cocaina via nucleo accumbens D2-MSN.